“Daniela venerabile, gioia immensa”, prosegue in Vaticano la causa di beatificazione

La ragazza morta a 24 anni nel 1986. Dopo l’annuncio le campane di Maggiora e Borgomanero hanno suonato a festa

            

 

Pubblicato il 25/03/2017

Ultima modifica il 25/03/2017 alle ore 19:49

CHIARA FABRIZI

MAGGIORA

Le campane della parrocchiale di Maggiora e quelle delle chiese di Borgomanero hanno suonato a festa, giovedì pomeriggio. Appena dalla Santa Sede è giunta la notizia che Daniela Zanetta, morta a soli 24 anni il 14 aprile 1986, è stata dichiarata «venerabile», l’intera comunità si è voluta unire alla gioia dei genitori Carlo e Lucia e dei fratelli Fabrizio ed Emanuele.  

 

La famiglia  

«Sono ore di grandissima emozione - rivela la madre -. Sapevamo che in questi giorni il decreto sarebbe stato presentato a Papa Francesco: quando la postulatrice Francesca Consolini ci ha telefonato per dire che il Santo Padre aveva firmato la bolla, con cui autorizza la Congregazione delle cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante le virtù eroiche di nostra figlia, la gioia è stata davvero grande».  

Daniela, nata con una rarissima patologia congenita - l’epidermolisi bollosa distrofica, che le causava lacerazioni della pelle ed enormi sofferenze - e nonostante le molte limitazioni imposte dalla malattia, era diventata un punto di riferimento per la sua comunità parrocchiale, per i bambini di cui era catechista, per le tante persone che arrivavano nella sua casa di Maggiora e trovavano in lei ascolto, conforto e speranza. È il diario, che cominciò a scrivere nel 1983, che rivela il suo «segreto»: ogni giorno scrive una lettera a Gesù, gli racconta gioie e dolori, successi e sconfitte nella sua strada verso la santità.  

 

«Era contro l’eutanasia»  

L’aiuto della famiglia, la sua adesione al Movimento dei Focolari di Chiara Lubich la portano a superare i tanti ostacoli con salti verso l’Alto. La madre: «In cuor nostro sapevamo: Daniela ha tramutato la sua malattia in amore per Gesù e per il prossimo. In questi anni, da quando nel 2004 è stata avviata la causa di beatificazione, siamo stati sempre fiduciosi. Colpisce, però, che la dichiarazione dell’eroicità delle sue virtù sia arrivata proprio ora, che si discute tanto di eutanasia. Daniela, sempre e comunque, anche nei momenti più bui, ha gridato il suo sì alla vita».  

Lo aveva fatto anche con una lettera scritta di getto a «Famiglia Cristiana» in risposta a un intervento sul fine vita. «Il disegno di Dio ci stupisce sempre - continua Lucia Zanetta - il 3 di marzo abbiamo festeggiato i 55 anni di matrimonio: nella vita abbiamo vissuto tante cose e ora mio marito ha seri problemi di salute. Ma andiamo avanti, sapendo che si può arrivare in alto, come Daniela ci ha insegnato».  

 

Con la dichiarazione di venerabilità, si è chiusa la fase del processo avviata dall’allora vescovo di Novara monsignor Renato Corti: «Ora, perché Daniela sia dichiarata beata, c’è bisogno di un miracolo - chiarisce la madre -. In tanti vanno a pregare sulla sua tomba e poi ci vengono a trovare. Qualcuno ci consegna la richiesta di una grazia: salute, conversione. Il nostro cuore è sempre aperto sulle necessità degli altri, come voleva Daniela, che non ha mai consentito che la nostra famiglia si chiudesse. Ora che per l’età possiamo fare poco, non smettiamo di pregare. Come potremmo dormire tranquilli sapendo che ci sono senza tetto, emigranti, terremotati, luoghi del mondo senza pace? Il suo cuore grande sarebbe stato inondato di dolore». 

 

Articolo di: venerdì, 24 marzo 2017, 3:43 p.

Daniela Zanetta più vicina alla beatificazione

Papa Francesco ha dichiarato venerabile la giovane di Maggiora

MAGGIORA - Un altro passo avanti verso la beatificazione di Daniela Zanetta, la giovane borgomanerese morta a Maggiora all’età di 24 anni in odore di santità il 14 aprile 1986. “In data 23 marzo 2017 – si legge in un comunicato diffuso dalla Diocesi di Novara - il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche della Serva di Dio Daniela Zanetta. Il vescovo Franco Giulio Brambilla e tutta la Diocesi di Novara rende grazie al Signore per il dono di questa sua figlia che con una testimonianza eroica di fede vissuta soprattutto nella malattia è stata una pagina viva di Vangelo per tutti coloro che l’hanno incontrata. Ora la Chiesa attraverso il Santo Padre ha riconosciuto pubblicamente la bellezza e l’attualità della sua testimonianza evangelica. “La nostra Chiesa guarda questa giovane, che da oggi possiamo chiamare “venerabile”, con gioia, mentre le affida nella preghiera il cammino di tutte le nostre comunità chiamate ad annunciare il Vangelo alle giovani generazioni con nuovo slancio e passione. Il suo esempio ravvivi l’impegno per e con i giovani, che anche il nostro Sinodo diocesano ha messo al centro del suo cammino”, dice il vicario generale della Diocesi don Fausto Cossalter. Ma chi era Daniela Zanetta ? Affetta sin dalla nascita dall’epidermolisi bollosa distrofica (una malformazione ereditaria dell’epidermide che provoca in tutto il corpo bolle e lacerazioni alla pelle) affrontò con grande serenità la malattia  riuscendo a conseguire il diploma magistrale e a svolgere servizio come catechista nella Parrocchia di Maggiora, località dove la famiglia originaria di Borgomanero si era trasferita. Nel 1973 aderì al Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Iniziò anche a scrivere il suo diario che dopo la sua scomparsa venne in parte raccolto nel libro “I segreti del cuore”. Il 17 ottobre 2004 il Vescovo di Novara Renato Corti diede inizio al processo di beatificazione della Serva di Dio Daniela Zanetta, ora proclamata “Venerabile” da Papa Francesco che ha preso atto del parere positivo espresso dai Cardinali e dai Vescovi che fanno parte della Congregazione delle Cause dei Santi i quali a loro volta avevano sentito il parere di nove teologi incaricati di leggere e studiare attentamente la “Positio”, cioè il volume che contiene la vita e la presentazione delle virtù vissute da Daniela così come emerge dalla documentazione e dalle deposizioni di coloro che, a suo tempo furono “testi” al processo diocesano.

 

Tantissima gente domenica mattina al Santuario di Boca alla messa di ringraziamento per Daniela presieduta dal vescovo Monsignor Franco Giulio Brambilla.  Il  23 marzo scorso infatti la Congregazione delle Cause dei Santi ha promulgato il decreto riguardante le «virtù eroiche» della Serva di Dio Daniela Zanetta. La giovane, nata a Borgomanero il 15 dicembre 1962 e morta a Maggiora il 14 aprile 1986 a causa di una rarissima malattia, epidermolisi bollosa distrofica: una malformazione  dell'epidermide che provoca in tutto il corpo bolle e lacerazioni alla pelle, è ora venerabile il Papa ha riconosciuto la bellezza e l'attualità della sua testimonianza in particolare per i giovani.  La cerimonia è stata particolarmente emozionante con in prima fila i familiari di Daniela Zanetta la mamma Lucia il papà Carlo e il fratello Emanuele. “Il messaggio di Daniela Zanetta – ha detto Monsignor Franco Giulio Brambilla – è quello di una ragazza semplice, però con una marcia in più, che era quella di percepire il percorso del proprio handicap come un cammino di esperienza spirituale, l'ha fatto non con ingenuità,  ma con vera consapevolezza. Era totalmente cosciente della parabola della propria malattia, ma ha saputo realizzare dentro ad essa un'intensità che si traduce in un diario che a differenza di tanti diari di Santi che sono stati scritti su ordine di altri  questo è  stato scritto da lei e questo garantisce la  autenticità e freschezza.  Ora bisogna attendere un miracolo e poi automaticamente ci sarà la beatificazione”. 

“Una grande emozione e un'immensa gratitudine a Dio per averci dato questo dono – ha dichiarato la mamma Lucia prima della funzione -  mi sembra di capire che Dio ci avesse già scelti da sposi Daniela è nata dieci mesi dopo il matrimonio e quindi è come se lui in quel momento ci avesse dato il nostro destino e siamo arrivati ad accogliere oggi questo riconoscimento. Era molto paziente quando mi agitavo quando c'erano le emorragie lei mi tranquillizzava, era una ragazza che dentro aveva forte la voce dello Spirito Santo che la rassicurava. Noi siamo cristiani da sempre quindi lei è cresciuta con questa aspirazione, nel 1973 aveva incontrato il Movimento dei Focolari e da questo c'è stato un arricchimento, Daniela ha capito come la croce si poteva donare, che la croce era quello che possedeva e ha imparato a vivere l'attimo presente che era quello che ci faceva andare avanti momento per momento”. 
 “Una cosa un pochino atipica una venerabile contemporanea con la presenza dei familiari – ha spiegato il fratello Emanuele - lei ha lasciato talmente tanta ricchezza nei testi che bisogna riprendere leggere i suoi scritti. Credo che da questo momento in avanti il fatto di far parlare i suoi testi  sia fondamentale.  E' una figura ancora tutta da scoprire ed ora è un dono per  tutta la comunità”.  Durante l'omelia il vescovo ha proposto ai fedeli alcuni brani del suo diario. 


Mary Borri

(fonte www.borgomanero24.it)

 

LA BAMBINA CHE SARÀ SANTA

MARIA ADELE SOLTOGGIO - 15/02/2013

da www.rmfonline.it

 

Erano duecentosessanta, all’oratorio di Masnago, le persone presenti al recital che un gruppo di giovani del novarese sta portando nei teatri della Lombardia. Vogliono far conoscere Daniela Zanetta, giovane nata a Borgomanero nel 1962, di cui si è aperto nel 2004 il processo di beatificazione per iniziativa del vescovo di Novara monsignor Renato Corti.

Il recital del 9 febbraio scorso si inserisce, a Varese, nell’ambito di un lavoro di équipe di diverse realtà ecclesiali, coordinato dal Movimento per la Vita, che ha visto incastonarsi nel “Mese per la Vita” numerose iniziative. Mi piace ricordare in proposito un input di Daniela, una lettera pubblicata da Famiglia Cristiana dove, quale risposta al dibattito sull’eutanasia, grida con accenti accorati la sacralità e la bellezza della vita, lei che era nata con una malattia molto rara e devastante, di cui parla con dovizia di particolari nelle sue lettere quotidiane a Gesù. Il diario, poi pubblicato per i tipi di Città Nuova “I segreti del cuore”, è un documento prezioso perché vi troviamo un’alternanza di abissi – l’umanità in tutte le sue sfumature – e di vette, in quel continuo riprendersi e stanziarsi in Dio, in un amore per Lui che si affina con il passare degli anni. Un brano del diario, di notevole spessore spirituale, è intitolato “E io ti ho detto di sì”. Da qui il titolo del recital.

A Varese, ha osservato Lucia, mamma di Daniela, la partecipazione dei giovani è stata davvero notevole. Certo i genitori di Daniela, che vivono a Maggiora, sarebbero le persone più idonee a parlare di lei. L’anno scorso i gruppi di cresima di una Comunità pastorale vicina a Varese hanno fatto un percorso incentrato sulla vita di Daniela, con una capatina a casa di Lucia e Carlo Zanetta: un’esperienza che non dimenticheranno facilmente. Mi limito qui a raccontare un episodio dell’infanzia di Daniela che ci può illuminare sul ruolo avuto dai genitori, in questo caso la madre, nell’indirizzare la bambina al cammino di santità che avrebbe poi intrapreso. Si trovavano ai giardinetti. Un’altra mamma, come la vide, ebbe una reazione pesante: allontanò il suo bambino, nel timore venisse contagiato. Si può immaginare l’intensità della sofferenza che deve aver provato Lucia. Ma non nascose a Daniela che questa per lei sarebbe stata la normalità, e le propose un ‘salto’: accettare insieme questo dolore, e puntare su un altro tipo di bellezza, quella interiore.

Sarà poi il carisma di Chiara Lubich, a partire da una fede incrollabile in Dio-Amore, a permettere a Daniela e alla sua famiglia una crescente unità con Dio e i fratelli. In quella lettera inviata a Famiglia Cristiana Daniela infatti affermava: …Non è la pazzia che mi fa ritenere la sofferenza un dono prezioso di Dio, ma l’esperienza diretta, vissuta e spesso bagnata di lacrime perché ho la certezza che tutto è frutto della volontà e dell’amore divino.

È uscita recentemente una Via Crucis tratta dai suoi scritti, con prefazione di Mons. Corti. Mi pare sia stata adottata, in vista della Quaresima, da più parrocchie della nostra città.

Così Piero Damosso e Francesca Giordano, autori di “Salto verso l’alto – Ritratto di Daniela Zanetta”, ed. Città Nuova, colgono il disegno di Dio in lei: Daniela scopre e ci fa scoprire che si può amare nonostante l’imperfezione, la disabilità, la sofferenza morale e il dolore fisico, anche quando non è alleviabile. Questa scoperta è carica di conseguenze. Il dolore, immerso nell’amore, quasi riparato dai suoi quotidiani atti d’amore, le si rivela come la chiave di una felicità possibile. Un paradosso? O una prospettiva sensata anche per noi?Articolo di: giovedì, 26 dicembre 2013, 11:29 m. Corriere di Novara

Daniela Zanetta di Maggiora verso la beatificazione?

Daniela Zanetta di Maggiora...

Accorato invito natalizio ai fedeli di Novara: "Pregate perché la causa possa proseguire il cammino"

BORGOMANERO – “Occorre pregare affinché Daniela ottenga da Dio il miracolo per poter proseguire nel cammino verso la beatificazione”: questo l’accorato invito rivolto ai fedeli della Diocesi di Novara in concomitanza con il Natale da Francesca Consolini, postulatrice della causa di beatificazione della Serva di Dio Daniela Zanetta, la ragazza morta in odore di santità a soli ventiquattro anni il 14 aprile 1986. Affetta sin dalla nascita dall’epidermolisi bollosa distrofica (una malformazione ereditaria dell’epidermide che provoca in tutto il corpo bolle e lacerazioni alla pelle) affrontò con grande serenità la malattia  riuscendo a conseguire il diploma magistrale e a svolgere servizio come catechista nella Parrocchia di Maggiora, località dove la famiglia originaria di Borgomanero si era trasferita. Nel 1973 aderì al Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Iniziò anche a scrivere il suo diario che dopo la sua scomparsa venne in parte raccolto nel libro “I segreti del cuore”. Il 17 ottobre 2004 il Vescovo di Novara Renato Corti diede inizio al processo di beatificazione . Gli atti dopo la fase diocesana sono stati trasferiti in Vaticano dove il Relatore della Causa monsignor Carmelo Pellegrino ora nominato Promotore generale della Fede ha completato la sua relazione ad integrazione della cosiddetta “Positio” che a breve verrà protocollata nella liste delle cause in attesa della discussione teologica. “Solitamente – dice la postulatrice – questa attesa non è brevissima, si tratta sempre di qualche anno, anche se ultimamente la Congregazione delle Cause dei Santi ha assunto un ritmo di lavoro più intenso. Un presunto miracolo attribuito alla intercessione di Daniela potrebbe accelerare l’iter”.

Carlo Panizza

 

Daniela Zanetta verso la beatificazione  

Era affetta da epidermolisi bollosa distrofica. Conoscevo da tempo la storia, bella e sconvolgente a un tempo, di Daniela Zanetta, divenuta recentemente "Serva di Dio", il primo passo verso la beatificazione.

Conoscevo da tempo la storia, bella e sconvolgente a un tempo, di Daniela Zanetta, divenuta recentemente "Serva di Dio", il primo passo verso la beatificazione. 
Avevo avuto occasione di conoscere i suoi coraggiosi genitori Carlo e Lucia e di vivere assieme a loro alcuni giorni a Roma, ammirando la loro serenità e perfino le facezie di Carlo, che ci tenevano allegri nei trasferimenti in auto. 
Conosco bene anche Emanuele, l'ultimo dei tre figli Zanetta, che ora si occupa dell'azienda di famiglia, la rubinetteria Webert, che aderisce all'economia di comunione, un particolare modo di condurre le imprese dedicando un terzo dell'utile ai bisognosi del mondo e un terzo alla creazione di imprenditori che vogliano sviluppare in azienda lo spirito del "dare". 
Solo quest'estate ho realizzato il desiderio, da tempo rimandato,  di avvicinarmi di più a lei, a Daniela, grazie a due libri editi da Città Nuova dal titolo: Daniela Zanetta "I segreti del cuore" a cura di Marco Mascellani e Piero Damosso - Francesca Giordano "Salto verso l'alto".


Ecco quindi alcuni tratti di una vita che si è svolta in 24 anni fra la casa di Maggiora, in provincia di Novara, e diversi ospedali, dove la tremenda malattia rendeva indispensabili ripetuti ricoveri. 
"Epidermolisi bollosa distrofica" è il nome della malformazione dell'epidermide che Daniela ha avuto fin dalla nascita e che l'ha portata ad un precoce termine della sua vita, dopo sofferenze indicibili: in parole semplici le fibre che tengono uniti i diversi strati dell'epidermide non funzionano correttamente, tra loro si forma un liquido che procura bolle e lacerazioni alla pelle. 
"Tu Padre ? dice Daniela in un passo del suo diario ? mi hai affidato questo compito, questa croce, un sigillo impresso nella mia carne fin dal primo vagito, come se Tu volessi essere sicuro di non smarrirmi, di ritracciarmi a colpo d'occhio".


La malattia con tutte le rinunce che ha comportato non è mai stata per lei un ostacolo ad amare, il dolore è sempre stato lenito dall'amore, quasi a dimostrare che pur nello strazio è possibile trovare una forma di felicità. 
Nel contempo la sua famiglia, composta dai genitori e dai due fratelli Fabrizio ed Emanuele, che le sono sempre stati amorevolmente vicini, ci fa capire come, lungi dal lasciarsi sommergere dal dolore e dalla disperazione, abbia trovato nella prova un legame più profondo e duraturo.


La fede è stata per Daniela e per i suoi la molla che ha permesso loro di superare momenti di angoscia e di ringraziare addirittura il Signore. 

La malattia l'ha piagata in ogni parte del corpo, compreso il viso, ma le ferite non sono riuscite a respingere il prossimo, che la avvicinava colpito dal segreto dell'amore che sprigionava da lei: il dolore era occasione per offrire la propria croce per la salvezza di tante anime, per incontrare le persone che trovavano in lei una bellezza interiore indipendente dal suo aspetto fisico.


Alla sua nascita, avvenuta in casa il 15 dicembre 1962, nove mesi dopo il matrimonio dei genitori, la levatrice notò una strana ferita sulla gamba e la fece ricoverare in ospedale, dove le diagnosticarono la gravissima malattia che allora era poco nota, si conoscevano solo sei casi in Italia: le diedero pochi giorni di vita e fu subito battezzata. La misero in quarantena con la mamma, perché si credeva che la piccola fosse infettiva. 
"Mentre mi portavano in una camera di isolamento ? ricorda Lucia ? mio marito, stringendomi, mi disse ?Non lasciarmela morire'. Questa consegna di vita, agli occhi umani quasi impossibile, per me è stato come dire un sì grande, dire: se deve morire lei, devo morire anch'io; ma se io vivo, vive anche lei". 
Daniela inconsciamente voleva vivere e dopo dieci giorni di disperati tentativi per allattarla finalmente si era attaccata al seno materno. 
Carlo ricorda che sua moglie ha affrontato meglio di lui la difficile situazione: "Al contrario di me che mi sentivo incapace di accettare altri figli con la stessa patologia, mia moglie era più serena e ben disposta nei confronti di successive gravidanze, nonostante i medici non ci avessero dato certezze che i futuri figli sarebbero nati sani".


Con il passare dei mesi e degli anni le bolle si diffondono in tutto il corpo e ogni giorno quattro ore sono dedicate alle medicazioni, fatte dalla mamma quando Daniela non è ricoverata. 
Durante i ricoveri e i viaggi anche all'estero per trovare un possibile argine al diffondersi del male, Daniela cresce e dimostra subito la sua attenzione verso chi le è vicino: invita la mamma a prendere in braccio un'altra piccola ricoverata, si fa portare da casa dei giochi per donarli agli altri bambini, chiede al papà di comprare un televisore per lasciarlo in reparto e poter vedere i programmi con i piccoli ricoverati? 
La realtà del male, che non perdona, cambia anche alcune situazioni familiari: Carlo fa le stagioni a Milano Marittima come direttore del bar di un hotel e anche Lucia inizia a lavorare con lui, portando al mare Daniela e lasciandola alle cure della nonna durante il giorno. 
A volte ai giardini o in spiaggia qualche mamma porta via suo figlio temendo un contagio e Daniela ne soffre, ma la mamma la invita a superare questo dolore: "Devi cercare di valorizzare la tua bellezza interiore indipendentemente dal tuo aspetto fisico, per realizzare pienamente l'incontro con le persone". 
Così la piccola cresce nella fede inculcatale dai genitori e si apre sempre più al prossimo, sopportando con pazienza le ore di medicazione: "Non mi domando cosa mi riserva il domani ma cerco di vivere pienamente il presente accettando il dolore come una grazia". Così afferma con grande maturità in una intervista radiofonica nei primi anni Ottanta.


Intanto la famiglia è cresciuta, nel 1967 è nato Fabrizio e nel 1973 Emanuele. 
Fabrizio ricorda: "Sia io sia mio fratello Emanuele abbiamo come secondo nome Maria, perché la mamma chiese alla Madonna di avere altri figli sani dopo la nascita di Daniela, facendo anche dono di quei pochi gioielli che aveva". 
Le estati a Milano Marittima sono ormai impossibili e il papà è costretto a fare la stagione estiva in Riviera e quella invernale in Alta Badia, dove la famiglia trascorrerà in seguito le vacanze. 
Daniela ha iniziato le scuole elementari, ma deve presto tornare in ospedale per alcuni interventi chirurgici alle mani, per separare le dita che si saldano tra loro e si chiudono a pugno. L'operazione non riesce, ma resta una fessura fra pollice e indice, così che Daniela può continuare a scrivere, con una costanza incredibile.


Riceve la prima Comunione e in un tema ricorda: "Ero molto felice di avere un Amico che mi aiutasse in tutte le difficoltà della mia vita; mi sentivo adulta ed ero contenta di essere entrata a far parte della vita cristiana. Io non dimenticherò mai il giorno della mia prima comunione perché in quel giorno ho incontrato un Amico di cui posso fidarmi e per me gli amici sono tutto". 
Da quel momento l'Amico diventa il suo interlocutore preferito e inizia un diario giornaliero con Lui unico destinatario, diario che verrà consegnato ai genitori dopo la sua partenza per il Cielo da un sacerdote suo amico e confidente. 
Intanto la malattia continua il suo corso, in quinta elementare è colpita da una paralisi a una mano e a una gamba e da un inizio di piorrea, che causerà più avanti l'estrazione di 22 denti. 
Ma continua a studiare e supera brillantemente gli esami di quinta, lasciando uno scritto alla maestra: "Ho vissuto cinque anni nella comunità della scuola; nel piccolo mondo scolastico ho imparato a vivere, ad aiutare e ad amare". 
Per poter essere presente alle lezioni si alza molto presto per sottoporsi alle medicazioni che la mamma le fa e le rinnova poi la sera, con grande dedizione. 
La famiglia rimane nonostante questa prova una famiglia aperta: appena può va in pizzeria e non rinuncia a qualche uscita, così come alle vacanze a Pedraces, in Val Badia, dove il papà per anni alterna il lavoro in montagna con quello al mare. 
Carlo ricorderà nel 2005, in un incontro pubblico, che i desideri di Daniela si sono avverati: di avere dei fratelli, di avere una casa grande, "senza serrature, aperta a tutti", di avere un padre più presente in casa. 
Il papà infatti, venendo incontro a questo desiderio e alla necessità di stare più vicino alla famiglia, cambia totalmente lavoro: abitando in una zona dove sono numerose le rubinetterie, dapprima si occupa di questo settore a livello commerciale, poi apre una fabbrica che nel tempo si ingrandisce e che oggi è condotta dal figlio Emanuele; anche nella scelta del nome, Webert, Daniela dice la sua, così come in ogni aspetto che riguarda la famiglia. 
E' così anche quando il papà ogni domenica espone ai familiari il progetto della nuova casa, che Daniela vuole aperta a tutti: ci sarà una camera per gli ospiti e una mansarda dove accogliere gli amici. Dice al papà: "Tu ci devi essere vicino. Anche la Provvidenza farà la sua parte. Abbi fiducia. Tu fai la tua parte e Dio ci aiuterà". Tanto che Carlo arriva a dirle: "Sei la mia coscienza".


L'accoglienza è una costante della vita familiare e fin dal 1975 viene ospitata in casa Adele, una ragazza orfana brasiliana, che diventerà grande amica di Daniela. Un'altra volta chiede lei ai genitori di ospitare una ragazza incinta, pur di evitare l'aborto: la ragazza terrà il bambino. Più tardi la famiglia ospiterà Angela, con gravi problemi esistenziali, e proprio la serenità e il coraggio di Daniela permetteranno all'ospite di cambiare decisamente vita. 
Lucia, la mamma, attende un nuovo figlio, ma avrà un aborto spontaneo. Daniela le scrive: 
"Carissima mamma, ti voglio un bene immenso! Ti amo e per me sei la cosa più preziosa donatami da Dio: mi rattrista vederti soffrire e vorrei assumere su di me le tue pene; vorrei vederti felice, serena, col sorriso sulle labbra. Mamma, ti prego, non crollare! Nonostante tutto abbi fede, tutto passa? Lui ci ama proprio in questa desolazione". 
Il male avanza, l'anemia si acuisce e la costringe a ricoveri per trasfusioni, le causa perdite di sangue dalle ferite, ha problemi cardiologici, perde i capelli, così che sarà sempre costretta ad usare un piccolo foulard. 
Le scuole medie le riservano alti e bassi: quando la salute migliora frequenta regolarmente e riesce a recitare, perfino nel ruolo da protagonista di Anna Frank; legge i gialli e vede in tv i film d'azione, ama le moto e si fa portare dal fratello sul suo motorino, resterà malissimo quando le diranno che non potrà avere la patente. 
Così come, frequentando le magistrali dopo le medie, al momento dell'iscrizione deve sottoscrivere una dichiarazione in cui rinuncia all'insegnamento. Ma riuscirà comunque ad insegnare, seppure per poco e volontariamente, sia alle lezioni di catechismo sia nella classe del fratello Emanuele: 
"Ringrazio Gesù con tutto il cuore ? scrive ? perché poter lavorare con i bimbi è il più grande dono che poteva farmi".


Durante una vacanza in Val Badia conosce un gruppo musicale, il Gen Verde, e una delle componenti, una bellissima coreana, si intrattiene amorevolmente con lei, lasciandola stupita per l'attenzione prestatale nonostante il suo aspetto fisico. Tramite questo gruppo si avvicina al movimento che lo ispira, quello dei Focolari, e riesce a frequentare il gruppo dei Gen, i giovani suoi coetanei; con loro va una volta a Roma a un congresso mondiale, superando i disagi della malattia grazie alle compagne che la aiutano. 
Nascono sempre nuovi problemi, i reni sono a rischio e deve ricorrere a dialisi e trasfusioni, le medicazioni richiedono sempre più tempo e, oltre alle quattro ore giornaliere, due volte alla settimana la aspetta un supplemento di cure, sempre con la dedizione totale della mamma. 
Ma continua come può la sua vita aiutando nei piccoli mestieri casalinghi, seguendo i fratelli nei compiti o spiegando loro il Vangelo: "Mi colpiva ? dice Emanuele ? la capacità di utilizzare particolari biblici in forma narrativa per far giungere il messaggio a un bambino di dieci anni". 
"Quasi tutti ? dice il papà - ci manifestavano il loro stupore di fronte a una ragazza così 'particolare': sempre serena nonostante la sofferenza, sempre docile e disponibile alle fatiche da affrontare, sempre accogliente verso tutti". 
E' una sorta di opinion leader, scrive su "L'Araldo", il giornale della sua comunità vicariale, interviene pubblicamente o scrive ai giornali per trattare i temi legati alla vita, all'eutanasia? In risposta a un convegno di medici favorevoli all'eutanasia scrive una lettera a Famiglia Cristiana:  
"Io vorrei urlare a tutti che la vita di ogni creatura è sacra e bella. Sono una ragazza di ventidue anni, nata handicappata. Ho una malattia della pelle (epidermolisi bollosa distrofica) che mi procura piaghe in tutto il corpo? posso apparire un mostro, ma non lo sono o almeno io non mi sento tale. Non è semplice trascorrere ventidue anni sulla croce, ma credo in Dio, lo amo intensamente e lo ringrazio per avermi donato la vita, perché ogni giorno che mi regala è un'occasione in più che ho per amarlo e servirlo?". 
Tutti i giorni scrive il diario al suo Amico, in cui trova conforto e fiducia nell'affrontare l'acuirsi del male: le emorragie sono continue, spesso ha la gola chiusa da una bolla che rischia di farla soffocare, subentra un blocco renale, deve essere sottoposta alla peritoneale, la mamma impara a cambiarle ogni quattro ore le sacche della dialisi? 
"La mamma ? dice al suo Amico ? è la cosa più preziosa che ho, io e lei siamo una cosa sola, lei mi ha dato la vita e continua a darmela. Non riuscirò mai a ringraziarla abbastanza; posso solo affidarTela perché Tu la ricolmi di gioia, di amore; donale la forza e la fede necessaria per sceglierTi  totalmente".


Il diario si interrompe nel 1984, i ricoveri sono sempre più frequenti, Daniela collabora con i medici ma ogni tanto confida: "Papà, non ce la faccio più". Ma quando lui le dice, con la consueta sincerità, che è necessaria una nuova terapia risponde: "Papà, io amo la vita e tutto ciò che è necessario per valorizzarla in pienezza lo voglio fare". 
Nel novembre del 1984 ha la soddisfazione di poter incontrare Giovanni Paolo II che è ad Arona: i medici riescono a spostare gli orari della dialisi e così Daniela può essere presente all'incontro e ricevere la benedizione personale.


All'inizio del 1985 riceve una chiamata speciale, di cui parla al parroco con cui è in confidenza da sempre: "Gesù ha fatto sorgere nel mio cuore il desiderio di consacrarmi totalmente a Lui!". Ma le sue condizioni fisiche rendono impossibile questa ipotesi. 
Mantiene i rapporti personali o epistolari con tutti e trova anche il buonumore, in certi momenti, come quando scrive a un'amica dopo l'ultima vacanza in Val Badia: "Non mi sono persa ancora tra i ghiacci della Marmolada, ma c'è mancato poco che restassi impigliata tra i tubi delle flebo". 
I medici capiscono che ha poco tempo di vita e la lasciano tornare a casa, alternandosi al suo letto curandola gratuitamente a domicilio: è quasi priva di pelle e devono sollevarla con il lenzuolo per non procurarle sofferenze inaudite. 
Una mattina di ottobre confida alla mamma: "Non so chi, ma qualcuno mi ha detto la data di morte. Sì, 7, 14 e 21 di aprile". 
Avvicinandosi quella data il papà le dice: "Daniela, sai che bisogna prepararsi a fare l'ultimo passo?". "Sì, lo so ? risponde ? ti chiedo di stare vicino alla mamma, a Fabrizio e ad Emanuele". 
Daniela perde spesso conoscenza, la situazione è critica e tutta la famiglia è attorno a lei quando, alle 19,50 del 14 aprile, ha un sussulto: apre gli occhi e dice "Grazie, grazie di tutto". Poi si spegne.


Ora per lei è spalancata la porta della Vita ed è iniziato il processo di beatificazione. 
La sua camera nella casa di Maggiora è conservata intatta e il suo posto nel cimitero del paese è nella cappella riservata ai sacerdoti perché, come ha detto il parroco alla famiglia, "Da oggi Daniela non è più vostra ma della comunità".


Alma Pizzi 

Lisdha news n. 63, ottobre 2009

17/11/2013
 
 
 
 
 
 
 

L'equazione dell'amore

 

22-08-2012 di Mariagrazia Baroni
fonte: Città Nuova

 
La felicità è spesso il principale parametro della nostra vita. Ma se contemplasse anche il dolore della malattia? Ne è testimonianza autentica la vita di Daniela Zanetta, tra i ritratti di giovani in vista del Genfest


 Se prendendo in prestito qualche termine matematico la nostra vita si potesse esprimere in un’equazione, la felicità non è forse il parametro più importante? Ma quanto riusciremmo ad accettare tra le variabili il dolore per una malattia? E ancora, in che misura questo dolore potrebbe trasformarsi in amore per Dio? Difficile da accettare non solo per il più forte dei caratteri ma anche per la fede all’apparenza più incrollabile, non per la giovane Daniela Zanetta la cui biografia Salto verso l’alto edita da Città Nuova ci è restituita dalla freschezza delle parole di Piero Damosso e Francesca Giordano: una vita saldamente radicata alla ricerca della felicità eppur marchiata fin dalla tenera età dalla malattia.

Nata nel 1962 a Maggiora, paese in provincia di Novara, Daniela è segnata fin dalla nascita da una malformazione rara, l’epidermolisibollosa distrofica, che colpisce l'epidermide provocando in tutto il corpo bolle e lacerazioni. Daniela, Danielina per i giovani del Movimento dei focolari di cui fa parte e che conosce a 11 anni, nonostante la malattia la costringa a sottoporsi a cure giornaliere di tre ore è però un ragazza altruista, allegra e impegnata in parrocchia. Affronta la scuola in modo diligente e con ottimi risultati, iscrivendosi alle magistrali, e riesce a vincere l’iniziale diffidenza di chi incontra con un amore che sa entrare nelle più profonde necessità dell’altro. Lo scorso anno nel suo paese natale hanno voluto ricordare questa minuta ragazza dai grandi occhi neri morta a 24 anni – per la quale nel 2004 si è aperto il processo di beatificazione –, con una grande festa per il 25simo anno dalla sua scomparsa.

A casa Zanetta si è sempre respirato un clima sereno. La malattia di Daniela è condivisa dai componenti della famiglia, cinque in tutto, ed è vissuta senza ripiegamenti su se stessi o nascondimenti. Carlo e Lucia, i genitori, hanno costruito una famiglia aperta agli altri – in casa c’era una stanza riservata ad ospitare persone in difficoltà –, e soprattutto a Dio. La famiglia diventa per Daniela il luogo in cui imparare ad accogliere il disegno di Dio nella sua vita, ad amare il prossimo e dove scoprire la bellezza della vita interiore e. Uno dei medici che l’ha avuta in cura ha detto una volta che Daniela aveva vissuto tutti quegli anni perché aveva voluto vivere e perché aveva trovato nei genitori un formidabile sostegno.

Fin da piccola, Daniela ha trascorso molte ore della sua vita fra medicazioni, ricoveri e interventi in ospedale. Anche queste occasioni d’incontro con altri piccoli malati come lei diventano opportunità per amare. Una volta, mentre era ricoverata al Gaslini di Genova, riuscì a convincere papà Carlo a comprare un televisore da mettere a disposizione di tutti per vedere la tivù dei ragazzi. Imparò presto a fare quei “salti” che le permisero ogni volta di andare verso gli altri o superare un momento difficile nonostante il progredire della malattia.

Nel 1973 conobbe il Movimento dei focolari, mentre si trovava in Val Badia con la sua famiglia per una vacanza. «Ho avuto tantissimo aiuto conoscendo la spiritualità di questo movimento – disse durante un’intervista radiofonica –, che mi aiuta soprattutto a capire la croce, a capire il dolore, ad accettarlo come un dono e a viverlo fino in fondo».
Le piaceva trascorrere ore al telefono con le amiche e il suo salotto, spesso non mancava di trasformarsi in platea di un teatro per le prove di uno spettacolo parrocchiale. Ma a causa della malattia non tutto le era possibile. Come quando venne a sapere che non avrebbe potuto prendere la patente. Un dolore da offrire, un salto ulteriore da fare, per lei che a guidare ci teneva tanto. Un patto con Dio che si stringeva sempre di più.

Resta di lei una lettera pubblicata nel numero di novembre del 1984 di Famiglia cristiana in risposta a un articolo su un convegno di medici e professori favorevoli all’eutanasia. «Sono una ragazza di 22 anni, nata handiccapata. Ho una malattia della pelle che mi procura piaghe in tutto il corpo (…). Posso apparire un mostro ma non lo sono! Non è semplice trascorre 22 anni sulla Croce, ma credo in Dio, lo amo intensamente e lo ringrazio per avermi donato la vita, perché ogni nuovo giorno che mi offre è un’occasione in più che ho per amarlo e per servirlo. Ogni vita che sboccia è un dono di Dio, e se questa vita è segnata in modo particolare dal dolore rappresenta un doppio dono perché la sofferenza ci matura, ci permette un dialogo profondo con Dio».

Un anno dopo, a seguito di un ultimo intervento fu costretta a fermarsi a casa: niente incontri con le gen (giovani dei Focolari, ndr.), niente ripetizioni né catechismo. Niente di tutto questo. A Natale si aggravò ulteriormente. Con le altre gen scrisse a Chiara Lubich per comunicarle quanto stava vivendo; Chiara le rispose: «Restiamo giorno dopo giorno, ora dopo ora, con un sì totale in cuore». Morì il 14 di aprile del 1986. Le pagine del suo diario continuano tutt’ora a conquistare il cuore di tanti, a rimanere una testimonianza forte ed appassionata della vita e a rivelarsi l’unica equazione che nella vita conti: quella dell’amore. «Nonostante le cadute, le sbandate – scrive –, non mi mischierò più alla folla, ma rimarrò ferma al centro del tuo amore…».